Meditazione

Perché si inizia a meditare? Quali sono gli obiettivi?

Prima ancora di addentrarci nelle modalità e nelle tecniche, nel come funziona e nel come si fa, forse possiamo provare a rispondere alla domanda “Ma perché dovrei iniziare a meditare? Cosa mi porto a casa?”. La cosa interessante è che spesso la prima risposta che una persona si dà quando inizia a meditare poi cambia, e forse addirittura svanisce: a un certo punto non si medita più per un motivo o per un altro, semplicemente si medita, si “sta lì in silenzio”. In tanti iniziamo a meditare per provare a placare il rumore mentale, quel turbinio di pensieri che ci accompagna in modo più o meno consapevole nel corso di più o meno tutta la giornata (a volte anche la notte). Altre volte speriamo di poter mitigare la rabbia, oppure desideriamo diventare più “calmi”, più rilassati, meno nervosi, meno stressati, meno tristi. E il bello è che succede veramente. Forse non proprio come ce l’eravamo immaginato, ma succede. Ma attenzione: non è che c’è meno rabbia, meno stress, meno tristezza, non per forza. La cosa che cambia è il nostro atteggiamento verso quelle “cose”: ci rendiamo conto che ci sono, le sentiamo, le accompagniamo e a un certo punto, si, in effetti, quelle cose si trasformano, un po’ svaniscono, “svaporano”, sono meno pesanti, e anche meno presenti.

Quello che succede è che, grazie ai processi mentali (ma non solo) che si attivano con la pratica meditativa, si ottengono risultati che vanno ben oltre le “semplici” aspettative interiori individuali. Esistono ormai numerosissimi studi portati avanti da medici, psicologi e neuroscienziati che dimostrano ampiamente come, grazie a tecniche meditative, si può innalzare il livello di concentrazionepotenziare la volontà individualeincrementare l’empatia (se riconosco e accetto le ombre dentro di me farò meno fatica a riconoscerle e accettarle negli altri). Si possono ridurre ansia, stress e disturbi psicologici derivati. La meditazione ha preso piede in contesti diversissimi e viene praticata e suggerita a dipendenti e dirigenti in azienda, a ragazzi e bambini a scuola, ai pazienti ma anche al personale di sostegno negli ospedali o in case di cura, ai pazienti nell’ambito di percorsi di psicoterapia o analisi, ai detenuti nelle carceri.

Come si fa

La meditazione è una forma di silenzio mentale più o meno guidato che riguarda moltissime tradizioni spirituali, orientali e occidentali, praticate in molte forme diverse, con tecniche diverse. La mia pratica è anche quella che propongo: parte dalla tradizione Vipassana ed è contemporaneamente semplice e difficile. Si tratta di stare in silenzio ad ascoltare: il respiro, il corpo, i suoni, i pensieri, le sensazioni, la realtà così com’è. E’ semplice di per sé, non c’è da far altro che restare seduti e respirare. Ma può risultare difficile, perché noi siamo abituati a fare qualcosa, a sentire qualcosa, a vedere qualcosa. Qui invece non si fa niente (apparentemente), si rimane in silenzio, semplicemente, e si lascia che la nostra realtà emerga alla nostra coscienza, in un’attitudine recettiva. Rimanendo in questa semplice apertura percettiva si svela un mondo miracoloso: è il mondo che siamo, in questo momento nella nostra realtà, di cui spesso non siamo consapevoli.

La postura è importante. Il che non significa per forza rimanere seduti per terra a gambe incrociate, si più meditare anche su una sedia, ma è utile mantenere un assetto corporeo centrato, simmetrico e possibilmente immobile. Il corpo rispecchia la mente, e viceversa: rimanendo fermi e in una posizione eretta ma rilassata con il corpo, questo agevola l’atteggiamento mentale corrispondente: calmo, in quiete, centrato e focalizzato. Schiena dritta, quindi, occhi chiusi o socchiusi, mani appoggiate morbidamente sulle ginocchia, spalle rilassate, si prova a focalizzare l’attenzione sul respiro, il respiro così com’è, senza alterazioni, senza farlo diventare bello, allungato, fluido, profondo. Solo il nostro respiro così com’è. Scegliendo un punto dove si lo si percepisce in modo chiaro, l’addome che si gonfia e si sgonfia, oppure quel delicato solletico delle narici al passaggio dell’aria. L’aria che entra, l’aria che esce. Tutto qui. L’aria che entra, l’aria che esce. Silenzio.

Cosa succede però quando arrivano i pensieri che non c’entrano niente? Le distrazioni? Stiamo cercando di essere concentrati, seduti nella nostra postura, provando a percepire il respiro e senza che ce ne accorgiamo la nostra mente viene attraversata da pensieri più disparati: dopo devo comprare il pane, perché ho detto quella cosa al mio capo? stasera a cena preparo una zuppa, come stavo bene la settimana scorsa in vacanza, … E’ normale, funzioniamo così: la nostra mente è in costante attività, produce pensieri, richiama ricordi, elabora progetti. Cosa dobbiamo fare allora? Niente, solo accorgercene. Arriva un pensiero, un ricordo, un progetto che ci sta portando lontano dalla nostra attenzione al respiro, ce ne rendiamo conto, e ritorniamo semplicemente con l’attenzione alla percezione dell’addome che si gonfia e si sgonfia o al solletico delle narici. La distrazione che arriva non è un fallimento: il gioco è proprio questo, provare, sentire, allontanarci, riprovare, sentire. L’aria che entra, l’aria che esce. Silenzio.