Campane Tibetane

Cosa sono le campane tibetane?

Le campane tibetane sono strumenti armonici: in un unico rintocco, in unico suono, esse sprigionano una moltitudine di toni, di note diverse, alcune delle quali udibili, la maggior parte no. Ossia, dentro ogni vibrazione prodotta da un tocco o un fruscio della campana vi sono una serie innumerevole di altre micro vibrazioni in relazione armonica e matematica fra loro. Questa caratteristica è ciò che definisce “coerente” il messaggio vibrazionale e sonoro. La nota principale che noi udiamo è il tono fondamentale o vibrazione principale. Gli altri toni sono gli armonici, appunto. Rilasciato il suono, il silenzio sopraggiunge lentamente, si ha un “effetto riverbero” di rara intensità, che contiene anch’esso una serie di eco, aloni sonori multiformi che avvolgono l’ascoltatore in modo inusitato. L’effetto è di avvolgimento, di trasporto, di immensità, quasi.

Il suono emanato dalle Campane Tibetane induce a un rilassamento profondo, a uno stato simile allo stato di veglia-sonno, o di meditazione profonda: in questo particolare stato fisico e mentale, crollano le resistenze, le difese, le chiusure che la nostra mente vigile oppone, lasciando emergere naturalmente e con dolcezza ciò che risiede dentro di noi a livelli più sommersi.

Quello indotto dalle Campane Tibetane quindi non è solo un rilassamento quindi, ma un agevolare il corpo e la mente ad entrare in uno stato più profondo di sé: possono affiorare memorie, ricordi, sensazioni, e anche vere e proprie emozioni o alterazioni di stati fisici (sento di più una certa parte del corpo, avverto freddo, caldo, prurito, …). A seconda dello stato in cui si trova la persona può avvenire un piccolo-grande “stravolgimento”, oppure un semplice ma profondo abbandonarsi alla natura avvolgente dei suoni.

Sono tutt’altro che rare le sperimentazioni (ormai passate di fatto a uno stadio post-sperimentale) di utilizzo delle Campane Tibetane in contesti diversi da quelli “spirituali” od “olistici” a cui potremmo associarle: negli ospedali, negli studi di psicologi e psicoterapeuti, nelle scuole, nelle carceri, in azienda le Campane Tibetane vengono utilizzate in percorsi che possono agevolare il benessere, la consapevolezza, la concentrazione, la distensione, la calma, andando a contrastare disagi, malesseri, agitazione, stress per perseguire l’obiettivo primario di riuscire a vivere con consapevolezza e serenità il momento presente. Solo a titolo esemplificativo, in questo articolo del Corriere della Sera si riportano gli eccellenti risultati ottenuti con l’utilizzo di gong e campane tibetane su pazienti malati di Alzheimer presso il Trivulzio di Milano, mentre qui un articolo di La Repubblica che riporta la descrizione della sperimentazione dell’utilizzo delle campane tibetane nel reparto di oncologia dell’ospedale di Piacenza.

Campane Tibetane: storia, tradizione e filosofia orientale

La storia delle Campane Tibetane è ancora controversa: alcuni affermano che esse siano arrivate in Tibet dall’India contemporaneamente al Buddhismo (IIIV sec. D.C.), altri (la maggior parte) sostengono invece che la loro origine sia ben più antica e risalga all’epoca pre-buddhista, dove gli sciamani (chiamati Bon Po) le utilizzavano durante i riti e le cerimonie curative.

Le Campane Tibetane sono in ogni caso uno strumento antico ed erano un oggetto profondamente inserito nella realtà culturale dei popoli himalayani, non solo per i correlati riti culturali che la riguardavano, ma per l’uso quotidiano che ne veniva fatto, in ogni casa e in ogni circostanza significativa per la vita dei singoli e della comunità. Come recipiente adatto a contenere e cucinare cibi era prezioso per i metalli rilasciati durante la cottura che integravano la dieta povera di minerali delle popolazioni di montagna; come strumento musicale accompagnava perfettamente il canto dei mantra, come organo di meditazione poteva favorire stati di estasi e viaggi extracorporei: la varietà degli usi delle campane risuonanti è vasta come la loro storia e la lor diffusione.

Le Campane Tibetane si chiamano così perché ricordano le campane a cui tutti siamo abituati a pensare: sono composte da una parte cava (la campana vera e propria) e da una parte cilindrica allungata (il batacchio o il battente). La differenza con le campane tradizionali (nostre, occidentali), è che il batacchio è esterno alla campana, e si suona appunto dalla parte esterna ad essa (sfregandone il bordo oppure battendo leggeri rintocchi). Si chiamano così, inoltre, perché originarie della zona himalayana (Tibet, Nepal ma anche India e Cina).

Come è noto, la tradizione vuole che le Campane Tibetane siano composte da sette metalli, in corrispondenza dei sette pianeti riconosciuti in antichità, per sottolineare la stretta connessione tra suono e creazione: ecco una delle innumerevoli corrispondenze macrocosmo-microcosmo che conferiscono alle campane quella “forza” evocativa così potente. Ciascun pianeta porta in sé caratteristiche specifiche che si rispecchiano negli esseri umani: la lega dei metalli che li rappresenta è quindi la sintesi fisica (grossolana e sottile) di tali caratteristiche.
La lega metallica di cui sono composte le Campane Tibetane svolge un ruolo importantissimo sul carattere simbolico e timbrico di ciascuno strumento. Il suono che emettono è, simbolicamente, la sintesi e l’essenza di quello che il sistema solare esprime attraverso i suoi cicli e i suoi ritmi. Potrebbe essere rappresentato come la voce armonica della materia e della creazione. È quindi nella valenza simbolica che va cercato il senso della presenza dei metalli: non è davvero importante la quantità effettiva di questo o quel metallo, dal più prezioso al meno pregiato, ma ciò che esprime simbolicamente (come se fosse in senso “omeopatico”) la traccia di ciascuno, con la propria forza, potenza, luminosità e bellezza. È facile comprendere che uno strumento metallico sonoro, con questa composizione, reale o simbolica che sia, assume una valenza alchemica, in quanto condensa in sé, la luce, l’ombra, il maschile, il femminile, la rigidità e la fluidità. Non solo ma, ad ognuno di questi metalli a cui è associato un pianeta, fin dall’antichità, veniva attribuita una proprietà entro il quale si manifesta la complessità del Sé. Le tradizioni antiche orientali così come tutta la tradizione alchemica occidentale hanno indagato le relazioni metalli-pianeti: ogni metallo è il “rappresentante” sulla terra delle diverse energie cosmiche, i sette “metalli maggiori” esprimono le forze planetarie del sistema solare che è il sistema in cui noi viviamo, in cui siamo inseriti e quindi che più direttamente ci coinvolge, anche da un punto di vista psico-fisico.

La Campana Tibetana si configura quindi come una sorta di “mandala” fisico, che rappresenta, anche attraverso la sua forma rotonda e capiente, la sintesi e la congiunzione di tutte le caratteristiche energetiche e psico-fisiche in cui le qualità dei metalli (e dei pianeti) si riuniscono.

La particolare enfasi su questi aspetti di simmetria e di congiunzione tra macrocosmo e microcosmo è interessante, non solo da un punto di vista antropologico-culturale, ma anche perché chiarisce alcuni aspetti fondamentali sull’utilizzo e sugli effetti che il suono e le vibrazioni che emanano dalle Campane Tibetane producono su chi riceve (e su chi pratica).